La sentenza di assoluzione di 18 dei 22 ex consiglieri regionali coinvolti nell’inchiesta “spese pazze” non smentisce il fatto che gli stessi consiglieri abbiano usato i fondi regionali per finalità personali, anzi lo conferma. Ma dimostra tutti i limiti di un regolamento regionale, che all’epoca non specificava nero su bianco quale dovesse essere l’uso dei soldi della Regione e quindi di tutti noi cittadini (come se servisse una norma a spiegarlo…). Così, nonostante si sia appurato che c’era chi si è fatto rimborsare i pneumatici da neve e il bollo dell’auto, chi è andato dal parrucchiere e chi ha pagato pranzi e cene con fondi pubblici, è finita, almeno per il momento, a tarallucci e vino, non punendo penalmente comportamenti eticamente ingiustificabili.

La spiegazione del giudice, secondo il quale non esisteva una norma che limitasse l’utilizzo del denaro pubblico e che quindi ha decretato l’insussistenza del reato di peculato, assesta comunque un altro colpo ad un certo tipo di politica, quella attaccata alla poltrona a tutti i costi, che vive di sprechi ed esosi rimborsi, che è sia di destra che di sinistra e che non è più minimamente credibile.

Come sempre saranno i cittadini a scegliere chi merita la loro fiducia: mentre i rappresentanti dei partiti continuano a scialacquare, c’è chi, come i portavoce regionali del MoVimento 5 Stelle, si decurta l’indennità e restituisce al territorio 600 mila euro a sostegno delle piccole e medie imprese regionali.

Ci auguriamo che la Procura ricorra in appello e che chi ha approfittato dei soldi di tutti noi venga giustamente punito.