La notizia che lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva, segna l’inizio della fine per un certo modo di fare industria a Taranto come a Trieste. Non possiamo infatti dimenticare che nel 2013 hanno conquistato i principali media italiani i dati sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera di Servola, peggiori persino a quelli dello stabilimento pugliese.

E non è un caso che recentemente Siderurgica triestina abbia affidato l’incarico di direttore di produzione dello stabilimento di Servola proprio a quel Vincenzo Dimastromatteo, che in precedenza lavorava proprio all’Ilva di Taranto e che è stato rinviato a giudizio per disastro ambientale. Della serie: impossibile farsi sfuggire un professionista con un curriculum così importante!

Intanto a Servola e a Trieste la situazione nel tempo non è certo migliorata. Lo stabilimento triestino continua infatti a non rispettare i limiti di legge per il benzo(a)pirene e per le Pm10 e Siderurgica triestina a parole promette di rientrare nei limiti di legge senza però stabilire una data certa per la verifica dell’efficacia dei lavori effettuati.

Il tempo delle bugie è finito. Bisogna programmare subito la chiusura dell’area a caldo della Ferriera di Servola. Da sindaco tutelerò fino in fondo la salute dei cittadini, un diritto assoluto che non è mai negoziabile.